Tosca è un'opera lirica
in tre atti di Giacomo Puccini, su libretto di Giuseppe Giacosa
e
Luigi Illica. La prima rappresentazione
si tenne Roma, al Teatro Costanzi, il 14 gennaio 1900.Il
libretto deriva da La Tosca di Victorien Sardou, il dramma
rappresentato per la prima volta il 24 novembre
1887 al Théatre
de la Porte-Saint-Martin di Parigi, il cui successo fu legato
soprattutto all'interpretazione di Sarah Bernhardt nei panni
della protagonista.
Le origini
Durante una tournée, La Tosca venne rappresentata
anche al Teatro dei Filodrammatici di Milano, all'inizio
del 1889,
e Giacomo Puccini vi assistette, rimanendone molto colpito.Così Puccini cominciò a pensare di ricavarne un'opera.
Ne parlò con l'editore Giulio Ricordi, chiedendogli di
interessarsi ai diritti dell’opera per avere l’autorizzazione
a musicarla.Sardou
non oppose un netto rifiuto ma dimostò freddezza;
in ogni modo alla fine del 1893 Ricordi ottenne l'autorizzazione
a musicarla, anche se a favore di un altro compositore, Alberto
Franchetti, che aveva da poco trionfato con Cristoforo Colombo
(1892).Luigi Illica
preparò l'abbozzo del libretto, che fece
approvare da Sardou in presenza di Giulio Ricordi e Giuseppe
Verdi (quest'ultimo, a Parigi per la prima francese di Otello,
confidò al suo biografo, qualche anno più tardi,
che se non fosse stato per l'età avrebbe voluto musicare
lui Tosca).Dopo pochi
mesi Franchetti rinunciò a comporre l'opera.
Così Ricordi commissionò l'opera a Puccini, nel
1895. Cominciò il lavoro qualche mese dopo il successo
della Bohème, nella tarda primavera del 1896. Partecipò alla
stesura del libretto anche Giuseppe Giacosa, anche se riteneva
il soggetto poco poetico e sosteneva che il successo dell’opera
era dato dalla bravura della Bernhardt e non dal testo.Dopo
alcuni contrasti e ripensamenti, nell'ottobre 1899 l’opera
fu completata e il 14 gennaio 1900 venne rappresentata al
Teatro Costanzi di Roma.Salirono
in scena il soprano Ericlea Darclée
nel ruolo di Tosca, il tenore Emilio de Marchi nei panni
di Cavaradossi
e il baritono Eugenio Giraldoni come Scarpia.Fu un evento molto importante, infatti erano presenti molti
compositori famosi (Mascagni, Franchetti), il presidente del
Consiglio Pelloux e anche la regina Margherita di Savoia. La
serata fu un po' nervosa, infatti a causa di alcuni spettatori
ritardatari, il direttore d'orchestra Leopoldo Mugnone fu costretto
a ricominciare l'esecuzione da capo.Inizialmente
l’opera venne criticata perché non
corrispondeva a ciò che ci si aspettava dopo La bohème.
Tuttavia dopo le prime reazioni l'opera si diffuse ed ebbe
sempre maggior successo (soprattutto grazie agli artisti
di canto e
al pubblico) tanto che nel giro di tre anni fu rappresentata
in tutto il mondo.
Il libretto
Libretto della Tosca (1899)Il libretto fu ricavato dal dramma
omonimo di Victorien Sardou, ma fu ridotto da cinque a tre
atti e snellito di molti
particolari
che costituivano la cornice storica realistica del dramma in prosa; vennero
inoltre eliminati moltissimi personaggi secondari, tra cui Giovanni Paisiello,
che compariva in persona alle prese con la famosa cantante, e la vicenda
si concentrò principalmente sul triangolo Scarpia - Tosca - Cavaradossi,
delineando le linee principali dei caratteri, anche se a scapito delle concatenazioni
logiche degli avvenimenti. Il dramma dell'amore perseguitato interessava Puccini
più del grande affresco storico condito di delitti e di sangue.
Caratteri generali
Tosca è considerata l'opera più drammatica di Puccini, ricca
com'è di colpi di scena e di trovate che tengono lo spettatore in
costante tensione. Il discorso musicale si evolve in modo altrettanto rapido,
caratterizzato
da incisi tematici brevi e taglienti, spesso costruiti su armonie dissonanti,
come quella prodotta dalla successione degli accordi del tema di Scarpia
che apre l'opera: Si bemolle maggiore, La bemolle maggiore, Mi maggiore
(il primo
e l'ultimo dei quali in relazione di tritono).La
vena melodica di Puccini ha modo di emergere nei duetti tra Tosca e Mario,
nonché nelle tre celebri romanze, una per
atto ("Recondita armonia", "Vissi d'arte", "E
lucevan le stelle"), che rallentano in direzione lirica
la concitazione della vicenda.L'acme
drammatico è invece costituito dal secondo atto,
che vede come protagonista il sadico barone Scarpia, nel quale
l'orchestra pucciniana assume sonorità che anticipano
l'estetica dell'espressionismo musicale tedesco.
La tramaL'azione si svolge a Roma, nel 1800, nell'atmosfera tesa che
segue l'eco degli avvenimenti rivoluzionari in Francia, e la
caduta della prima Repubblica Romana.
Atto primo
Angelotti (basso), bonapartista ed ex console della Repubblica
Romana, è fuggito dalla prigione di Castel Sant'Angelo
e cerca rifugio nella chiesa di Sant'Andrea della Valle, dove
sua sorella, la marchesa Attavanti, gli ha fatto trovare un
travestimento femminile che gli permetterà di passare
inosservato. La donna è stata ritratta, senza saperlo,
in un quadro dipinto dal cavalier Mario Cavaradossi (tenore).
Quando irrompe nella chiesa un sagrestano (basso), Angelotti
si nasconde nella cappella degli Attavanti. Il sagrestano,
borbottando ("... e sempre lava..."), mette in ordine
gli attrezzi del pittore che di lì a poco sopraggiunge
per continuare a lavorare al suo dipinto ("Recondita armonia...").
Il sagrestano finalmente si congeda e Cavaradossi scorge nella
cappella Angelotti, che conosce da tempo e di cui condivide
la fede politica. I due stanno preparando il piano di fuga
ma l'arrivo di Tosca (soprano), l'amante di Cavaradossi, costringe
Angelotti a rintanarsi di nuovo nella cappella. Tosca espone
a Mario il suo progetto amoroso per quella sera ("Non
la sospiri la nostra casetta..."). Poi, riconoscendo la
marchesa Attavanti nella figura della Maddalena ritratta nel
quadro, fa una scenata di gelosia a Mario che, a fatica ("Qual'occhio
al mondo..."), riesce a calmarla e a congedarla.Angelotti
esce dal nascondiglio e riprende il dialogo con Mario, che
gli offre protezione e lo indirizza
nella sua villa in periferia.
Un colpo di cannone annuncia la fuga del detenuto da Castel
Sant'Angelo; Cavaradossi decide allora di accompagnare Angelotti
per coprirlo
nella fuga e portano con loro il travestimento femminile, dimenticando
però il ventaglio nella cappella.La falsa notizia della
vittoria delle truppe austriache su Napoleone a Marengo fa
esplodere la gioia nel sagrestano, che invita l'indisciplinata
cantoria di bambini a prepararsi per il Te Deum di ringraziamento.
Improvvisamente sopraggiunge con i suoi scagnozzi il barone
Scarpia
(baritono), capo della polizia papalina che, sulle tracce di
Angelotti, sospetta fortemente di Mario, anch'egli bonapartista.Per
riuscire ad incolparlo ed arrestarlo e poter quindi scovare
Angelotti, egli cerca di coinvolgere Tosca,
ritornata in chiesa
per informare l'amante che il programma era sfumato in quanto
ella era stata chiamata a cantare a Palazzo Farnese per festeggiare
l'avvenimento militare ("Ed io venivo a lui tutta dogliosa...").
Scarpia suscita la morbosa gelosia di Tosca usando il ventaglio
dimenticato nella cappella degli Attavanti. La donna, credendo
in un furtivo incontro di Mario con la marchesa, giura di ritrovarli.
Scarpia, che ha raggiunto il suo scopo, la fa seguire ("Tre
sbirri, una carrozza, presto..."). Mentre Scarpia pregusta
la sua doppia rivalsa su Cavaradossi - ucciderlo e prendergli
la donna - comincia ad affluire gente in Chiesa per inneggiare
alla vittoria e a cantare il "Te, Deum".
Atto secondo
Mentre al piano nobile di Palazzo Farnese si sta svolgendo
una grande festa alla presenza del Re e della Regina di Napoli,
per celebrare la vittoriosa
battaglia, nel suo appartamento Scarpia sta consumando la cena. Spoletta
(tenore) e gli altri sbirri conducono in sua presenza Mario
che è stato arrestato.
Questi, interrogato, si rifiuta di rivelare a Scarpia il nascondiglio di
Angelotti e viene quindi condotto in una stanza dove viene
torturato.Tosca, che poco prima aveva eseguito una cantata
al piano superiore, viene convocata da Scarpia, il quale
fa in modo che ella possa
udire le urla di Mario. Stremata dalle grida dell'uomo amato,
la cantante rivela a Scarpia il nascondiglio dell'evaso: il
pozzo nel giardino della villa di Cavaradossi. Mario, condotto
alla
presenza di Scarpia, apprende del tradimento di Tosca e si
rifiuta di abbracciarla. Proprio in quel momento arriva un messo
ad annunciare che la notizia della vittoria delle truppe austriache
era falsa, e che invece è stato Napoleone a sconfiggere
gli austriaci a Marengo. A questo annuncio Mario inneggia ad
alta voce alla vittoria, e Scarpia lo condanna immediatamente
a morte, facendolo condurre via. Disperata, Tosca chiede
a Scarpia di concedere la grazia a Mario. Ma il barone acconsente
solo a patto che Tosca gli si conceda. Inorridita, la cantante
implora il capo della polizia e si rivolge in preghiera alla
Madonna (Vissi d'arte, vissi d'amore). Ma tutto è inutile:
Scarpia è irremovibile e Tosca è costretta a cedere.
Scarpia convoca quindi Spoletta e, con un gesto d'intesa, fa
credere a Tosca che la fucilazione sarà simulata
e i fucili caricati a salve. Dopo aver scritto il salvacondotto
che permetterà agli amanti di raggiungere Civitavecchia,
Scarpia si avvicina a Tosca per riscuotere quanto pattuito,
ma questa lo accoltella con un coltello trovato sul tavolo.
Quindi
prende il salvacondotto dalle mani del cadavere e, prima
di uscire, pone religiosamente due candelabri accanto al
corpo
di Scarpia,
un crocifisso sul suo petto, e finalmente esce.
Atto terzo
È
l'alba. In lontananza un giovane pastore canta una malinconica canzone in romanesco.
Sui bastioni di Castel Sant'Angelo, Mario è ormai pronto a morire e
inizia a scrivere un'ultima lettera d'amore a Tosca, ma, sopraffatto dai ricordi,
non riesce a terminarla (E lucevan le stelle). La donna arriva inaspettatamente
e spiega a Mario di essere stata costretta ad uccidere Scarpia. Gli mostra
il salvacondotto e lo informa quindi della fucilazione simulata. Scherzando,
gli raccomanda di fingere bene la morte. Ma Mario viene fucilato veramente
e Tosca, sconvolta e inseguita dagli sbirri che hanno trovato il cadavere di
Scarpia, grida "O Scarpia, avanti a Dio!" e si getta dagli spalti
del castello.